Ma quanti mondi ci sono?

Il Brasile è un paese grandissimo. Visto su qualsiasi mappa e mappamondo, a qualsiasi prospettiva quegli affascinanti tratteggi obbediscano, l'Europa a confronto sembra un buco di un bruco dentro un meleto fotografato dall'elicottero. Insomma, un buco di culo.

Questa vastità, la sua bellezza, le ricche risorse del territorio non sono bastate al Brasile per nutrire e far prosperare tutti i popoli che si sono incrociati e misturati negli anni della sua storia.

Nel mio lavoro all'Arsenal mi siedo accanto, converso, sento l'odore e la voce, guardo uomini che vengono da ogni anfratto di questa terra. Cearà, Bahia, Paranà, Rio grande do Norte, San Paolo, Mato grosso, Rio grande do Sul... Facce di tutti i colori, occhi pieni di sfumature. Mille e una storia a disposizione di chi si mette in ascolto. Ai racconti di vita di cui spesso capisco solo una parte, mi sa per fortuna.., si aggiunge una grande voglia di futuro. Gli uomini dell'Arsenal non smettono certo di sognare, neppure un lungo viaggio.

"Ma in Italia ci sono i neri?" "E' vero che lì sono razzisti?" "Quanto costa vivere lì?" "Ma si lavora?" "Eh, lì è primo mondo..." "No, solo l'America è primo mondo!" "E ma lì nel primo mondo c'è il re, mica come qui che siamo nel terzo e c'è il presidente."

Tra sogni, curiosità, legende e progetti abbozzati, quello che non cambia mai è questa divisione introiettata. Noi qui terzo mondo, voi lì primo. Al di là del politically incorrect usato con tanta ingenuità che quasi commuove, stupiscono la costanza e la convinzione con cui questa distinzione ritorna. Non solo tra gli uomini dell'Arsenal. Tra una risata, una stoccatina e una battuta, il 3 a uno invertito non si lascia accantonare. E non è solo una distinzione che vuol dire "diverso". Si porta dietro un "di più" e un "di meno". A me verrebbe sempre da dire: "Ma no dai, ma quale primo e terzo mondo!" Poi non so, mi viene da pensare che non saprei come gestirla la conversazione seguente. Politically correct, questione di definizioni, parole diverse per diverse analisi o teorie, mera esperienza? Quindi sorrido. Non è che non mi va'. E' che a volte si impara di più lasciando le cose scomposte, ammainando le vele e le armi. Così mi ritrovo un po' anch'io in quella scomoda posizione di chi si sente capace ma poi non troppo, di chi vorrebbe parlare ma non sa se gli danno il permesso né se dovrebbe esigere parola, di chi è rimasto indietro e in fondo è anche un po' colpa sua. Insomma, in quella scomoda e scomposta posizione da terzo mondo.

Di mondi però ce n'è mi sa più di tre, e all'Arsenal alcuni alunni ne creano di nuovi. Sarebbe un sacco lunga la lista di talenti da recuperare tra questi nullafacenti, straccioni, poveracci. Per ora solo un alunno silenzioso e grazioso. Quel mattarello scrive delle storie fenomenali. Si mette lì nelle ore di lezione, di fronte alla lavagna, e ricama sul tema del giorno ghirigori di parole. Fin qui, direbbe Vincent Cassel, tutto bene. Solo che il mattarello scrive pagine e pagine di racconti e similia al contrario. Non solo destrasinistra, ma anche sottosopra. Legge anche così, dice che gli viene più facile.

Provate voi a riempire di nuovi mondi le pagine di un quaderno upsidedown e dereitaisquerda. Da leggere e scrivere bene. I repeat, bene! ;-)

Nessun commento: