Industria argentina, ma senza troppo orgoglio - Industria argentina, but not so proudly made

A distanza di più di 10 anni dalla sua uscita, ho visto oggi, Garage Olimpo (1999), film di Marco Bechis sui desaparecidos durante la dittatura argentina.

Mi ha colpito molto come il film intreccia atti quotidiani, normali, quasi banali con le torture. La sequenza sovrana di questo intreccio è quella in cui Maria, una delle persone catturate e torturate, dopo un tempo indefinito in prigionia, viene portata a "fare un giro" dal suo carceriere. Con lui, che fino al momento della cattura per Maria è solo uno degli inquilini della pensione di sua madre, ha iniziato una relazione.

Maria, esile, và sull'altalena, prova a chiamare la madre. La coppia beve una birra in un ristorante e passeggia in mezzo alla folla urbana. Tanta normalità è però tradita dall'ennesimo tentativo di Maria di scappare. Come a dire che questo normale orrore, è meno normale di ciò che sembra.

La radio vecchio stile che i carcerieri accendono durante le torture porta l'iscrizione Industria Angentina. Chi ha vissuto in America Latina sa quanto popolari siano scritte simili nel continente. Parlano di una storia comune fatta di costruzione della nazione e modernizzazione industriale, entrambe perseguite con orgoglio e mai compiute. L'Industria Argentina sulla radio dei torturatori appare quasi ironica, sembra riferirsi a ben altra e molto più atroce industria - quella della tortura.

Atroce nella sua quotidianità, ecco come è il male dipinto da Garage Olimpo. Intanto, una Buenos Aires senza tempo ripresa dall'alto - che però pare sia la Los Angeles contemporanea (?) - scorre sullo schermo a un ritmo innaturale.

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After more than 10 years from its release, today I watched Garage Olimpo (1999), a movie by Marco Bechis about Argentinian dictatorship's desaparecidos.

The film impressed me because of its entanglement of daily, ordinary, almost banal acts with tortures. The master sequence of this weaving is that where Maria, one of the captives, after a indefinite time in detention, goes "for a walk" with her jailer. With him, who Maria knows until her seizure as a tenant of her mother's pension, she started an affair.

Skinny Maria goes on the swing, tries to call her mother. The couple has a beer in a restaurant and strolls among the urban crowd. One more Maria's attempt to escape betrays such everydayness. As if this ordinary horror were less ordinary than it would like to be.

On the old-fashioned radio that the jailers switch on during tortures it is impressed the motto Industria Angentina. Who knows Latin America is familiar with these inscriptions popular all over the continent. They narrate a common history made of nation building and industrial modernization, both proudly pursued and never accomplished. The Industria Argentina on torturers' radio appears almost ironic, it seems talking about a pretty different and much more ferocious industry - torture.

Atrocious everydayness, this is the evil that Garage Olimpo depicts. Filmed from above, a timeless Buenos Aires - that it is told to be contemporary Los Angeles (?) - passes on the screen at a very unnatural rhythm.

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