Sabato e domenica sono stata a scalare vette, attraversare cascate, ardere la pelle al sole, cibarmi di bacche e quant'altro. Insomma, a fare un sereno week-end in montagna. Due cose mi hanno colpito: la pasta in provincia di Bergamo non la sanno proprio cucinare. Va bene mangiarla scotta a 1900 metri, ma a 900..? No.
L'altra è il juke box bergamasco. Pizzeria con balconata in legno, italianissimi addobbi floreali, birre sul tavolo, cielo azzurro che inizia lentamente ad imbrunire, si accende il juke box e la musica è mediorientale. Voci lamentose, ritmi un po' veloci, suoni di strumenti esotici che mi richiamano inspiegabilemente e sempre al viaggio.
Ero nel Bras, facendo a piedi il tratto di strada tra la fermata dell'autobus e il Centro Caminho Novo. Qui faccio da maestrina a un gruppo di uomini di strada. Nel Jardim Jaqueline, povera e periferica favela paulistana, mi impegno in un progetto di educazione di comunità: laboratori d'arte, cucina e di tutto un po' con alcune associazioni del quartiere.
Il Bras, mi ha raccontato Marcelo, è un'area del centro cittadino. Ci vivono e commerciano molti libanesi e coreani. Così passeggio sfiorando un uomo con gli occhi lunghi e una sigaretta in bocca, in piedi fuori dal suo negozio odoroso. Fa caldo, mi asciugo la fronte. Poso lo sguardo su una signora che scansa le macchine, vere padrone delle strade di San Paolo. Ha i capelli nerissimi, le spuntano dal copricapo. Continuo fino al Caminho Novo. Faccio appena in tempo ad ascoltare due note di una canzoncina in una lingua che non capisco, sul limitare del cancello che si apre sul cortile del CN. Ci sono gli alberi e un po' di fresco.
Contorni sfumati sulle note di quell'inaspettata ed esotica musica di un jukebox bergamasco. Un frullato tra viaggi su improbabili pullman marocchini, passeggiate in altrettanto improbabili sobborghi etinici di Londra e New York, racconti e immagini dell'Oriente visti letti ascoltati e le suggestioni di Marcelo. Chissà come sarà davvero!
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