Sao Paulo minha cidade? No, però...


"Eu sempre achei que ser muleque de rua deveria ser um dereito de todos os muleques do mundo"

che sarebbe "Ho sempre pensato che essere ragazzini di strada dovrebbe essere un diritto di tutti i ragazzini del mondo"


Lo frase, recitata sullo sfondo blu di una strada all'imbrunire, la dice un vecchio signore, Júlio Calasso, mentre passeggia tra bambini, biciclette e calci di pallone in una via del Brás, storico quartiere italiano di San Paolo. Una telecamera lo segue a lungo, mentre racconta la storia di quei luoghi in un bel documentario: Brás, sotaques e dismemórias. Il Brás, anticamente campagna, si popolò alla fine dell'Ottocento di fabbriche piccole e grandi, e di case semplici, abitate presto dagli italiani che sceglievano il Brasile come terra promessa.

La vita di quartiere crebbe solida sulle comuni radici degli abitanti, e si arricchì di musiche, cibi, feste, ricorrenze, tradizioni resistenti al tempo e anche allo spazio. L'arrivo della metropolitana fu una specie di uragano, che scombinò completamente la geografia dell'area. "Rua Doutor Almeida Lima, la via più triste del Brás" - dice Júlio. L'arrivo della metro è costato la distruzione di molte case, e la lacerazione del quartiere in due parti, una che continua a chiamarsi Brás, famoso per il bassissimo prezzo a cui ci si comprano i vestiti, meno per le condizioni di lavoro che consentono l'acquisto conveniente, e la Mooca, anch'essa conosciuta come zona di forte immigrazione italiana.

Guardando il documentario, lo ammetto, mi sono commossa. Nel senso, non è che ho pianto, è che vedere i miei antenati, i loro discendenti, farsi una vita tutta nuova scandita da usanze antiche, riconoscerne alcune, mi ha fatto tenerezza. Piccoli uomini in questa cittadona. Un pezzo della mia storia qui.

Oltre a questo, scoprire tra un brutto muro e un marciapiede sconnesso, delle vite intense, faticose, felici, delle case e delle imprese, delle storie e la storia, mi ha dato calore. Anche San Paolo, nonostante le apparenze, ne dona. Ebbene sì, è che forse forse, gli esseri umani non solo si abituano a tutto, ma ci si affezionano, anche!

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' vero mari, anch'io mi commuovo sempre a vedere pezzi di storia nostra ricostruiti e conservati in qualche posto lontanissimo. A pensare alle persone dei nostri paesi che partivano per costruirsi tutto in città lontane come oggi per noi può essere lontano Marte, e che nelle feste, nei nomi delle strade, nelle canzoni si portavano dietro i posti da cui venivano.
E' una parte di storia nostra bellissima e soffertissima, che si conosce poco, e che oggi sono altri popoli a vivere. E intanto oggi feste patronali di Barletta che cento anni dopo si festeggiano vicino Sidney.

Brava brava mari, continua a scrivere, che io continuo a divorare le tue righe da una molto più banale Parigi.
baci

Anonimo ha detto...

grazie di cuore amica mia!!
sei algo especial!!!
ti voglio bene